Immagini e temi dell'incontro su Filellenismo italiano e Risorgimento Greco presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.

Si pubblicano di seguito alcune immagini della presentazione del volume "Napoli e il Filellenismo Greco", curato da Jannis Korithios e da Amalia Pappa, svoltosi venerdì 23 giugno alla presenza di S.E. Ambasciatrice di Grecia in Italia, Eleni Sourani, e di S.E. Ambasciatori di Cipro, Yiorgos Christofides.














 Il drappello di Filelleni presente al Convegno è fotografato con gli ambasciatori di Grecia e di Cipro. 




Si pubblica il video della serata.








Si pubblica, inoltre, il testo integrale dell'intervento del Prof. Marco Galdi, Presidente della Società Filellenica Italiana. 

Il risorgimento greco e la primavera dei popoli in Europa





Ho sempre pensato che ogni stagione di rinascita, di ripartenza, che si registri in Europa e nell’occidente, ha un suo inizio in Grecia.

Così dal filellenismo del circolo degli Scipione nasce la grande letteratura latina; dalla caduta di Bisanzio si origina il rinascimento italiano; e a questa curiosa legge della storia non si sottrae il risorgimento europeo, alla cui origine si è posta la coraggiosa guerra di indipedenza dei Greci dal giogo ottomano.

La guerra contro l’impero ottomano fu certamente la rivolta di un popolo che aspirava ad autodeterminarsi. Con essa si afferma fortemente l’esistenza della “Nazione greca” ed il diritto di questa di autodeterminarsi, di essere indipendente e sovrana.


Ormai in Europa il principio di sovranità delle Nazioni, affermato dalla Rivoluzione francese[1], si era diffuso, sostenuto dall’idea romantica dello “spirito del popolo” (Volksgeist) e quindi del valore delle identità e delle tradizioni popolari; l’esperienza maturata negli anni precedenti, soprattutto in Italia, a partire dalle tristi vicende della Repubblica napoletana del 1799, aveva dimostrato che la rivoluzione, per riuscire a creare equilibri stabili, doveva assumere un carattere nazionale, coinvolgendo le masse popolari…



In Grecia, più che altrove in Europa, si realizzarono le condizioni per l’affermazione proprio di uno Stato nazionale.



La parola Nazione compare più volte nella Carta di Epidauro, il primo documento costituzionale votato fra il dicembre 1821 e il gennaio del 1822 ad Epidauro (il testo fu deliberato il 10 gennaio) da delegati provenienti dai territori che andarono a costituire il primo originario nucleo della nuova Nazione.


Adottarono la Carta, infatti, cinquantanove “rappresentanti” provenienti dal Peloponneso, dalla Grecia continentale e dalle isole: non erano stati eletti, il momento storico non consentiva certo l’organizzazione di regolari consultazioni; eppure, si trattava degli esponenti più rappresentativi dei rispettivi territori


Ebbene, fin dal prologo della Costituzione di Epidauro, dopo l’invocazione alla “Santa e Indivisibile Trinità”, si legge: “La Nazione greca, schiacciata dalla terribile tirannia ottomana, non potendo più sopportare il peso del dispotico giogo, dopo essersene liberato con grandi sacrifici, proclama oggi per bocca dei suoi legali rappresentanti, convenuti nell’Assemblea nazionale, al cospetto di Dio e degli uomini, la sua esistenza e indipendenza politica” (in Epidauro, il 1° gennaio 1822, primo giorno della sua indipendenza). Seguono altri 6 riferimenti alla Nazione nel corpo degli articoli[2] e 4 nel proclama dell’Assemblea “nazionale”[3].


Si può dire, quindi, che il nascente Stato greco si presenti come uno dei primi in Europa in cui l’ideale nazionale riesce ad incarnarsi in una struttura statale, rifuggendo l’identificazione dello Stato nella persona di un monarca e trovando, piuttosto, il suo fondamento nel “popolo”.


D’altronde, è esattamente questa l’idea rivoluzionaria di Nazione, che in quegli anni si andava affermando. Guy Hermet intitola un capitolo della sua opera “Morte dei re, nascita delle Nazioni”[4]: l’idea di Nazione, infatti, è costruita proprio per giustificare il passaggio dalla sovranità del monarca alla sovranità del popolo, rappresentando sul piano sostanziale la premessa per l’affermazione politica della classe borghese.


Così la Grecia, che nasce a Epidauro, presenta tutti i caratteri dello Stato nazionale ottocentesco, destinato con il tempo ad assumere quasi la connotazione di una categoria metastorica.


In vero, non costituisce certo una novità assoluta, per un documento costituzionale, il riferimento alla Nazione. Nella Costituzione spagnola del 1812, la c.d. “Costituzione di Cadice” che costituì in quegli anni un indubbio modello di riferimento, il termine è ripetuto 23 volte e ad essa è dedicato in modo volutamente enfatico il primo titolo (“Della Nazione spagnola e degli spagnoli) e l’art. 1[5]. Ma soprattutto i riferimenti alla Nazione sono presenti nelle Costituzioni francesi rivoluzionarie, che ripetutamente affermano il principio della sovranità popolare[6].


Ma mentre in Spagna ed in Francia esiste da secoli una tradizione statale e di indipendenza dallo straniero, sulla cui base è più facile costruire l’identità nazionale, il caso greco è affatto diverso: gli antichi greci non furono mai “nazione”, nel senso che oggi si attribuisce a questa espressione; in perenne guerra reciproca, pur avendo la consapevolezza di appartenere ad un’unica stirpe, gli elleni conobbero le polis (tutt’al più federate fra loro come in Beozia) e conobbero l’impero ellenistico, sotto un sovrano non propriamente “greco” (o quantomeno non percepito come tale) e poi l’impero romano d’oriente. Quindi, l’occupazione ottomana.


In realtà la Nazione greca costituisce il prodotto di un nationbulding del tutto peculiare, in quanto fondato sul substrato di elementi linguistici, religiosi e culturali certamente esistenti, nonché sul richiamo all’antica e gloriosa storia del popolo elleno; ma comunque costruito da una élite, nella quale, peraltro, un ruolo centrale ha avuto la diaspora greca e la ricca classe mercantile, avvezza a confrontarsi in tutto il bacino del mediterraneo (e non solo) con la cultura, la politica e la storia europea.


Molto controverso, invece, è il ruolo svolto dai patrioti europei e, in particolare, italiani nei primi anni della guerra di indipendenza greca.


Il patriota emiliano Vincenzo Gallina viene riconosciuto come uno dei tre principali redattori della carta di Epidauro, insieme a Mavrokordatos e Negris; ma su di lui non risultano che fugaci riferimenti e scarsi approfondimenti storiografici.


Certamente il rapporto fra patrioti italiani e greci fu intenso: per “gli italiani la causa greca costituì una vera e reale fonte di ispirazione, un modello da imitare, una fratellanza che consentiva loro di palesare i propri aneliti patriottici”[7]; così non vi è dubbio che, nel periodo che precede l’insurrezione, “l’Italia divenne canale di diffusione delle idee europee in Grecia”[8] e che si realizzò un vero e proprio esodo di dissidenti italiani a seguito del fallimento delle insurrezioni del 1820/21[9], con la partecipazione attiva ed il sacrificio di molti filelleni italiani durante le azioni militari.


Se la ricorrenza del bicentenario della guerra di indipendenza greca è certamente servita come occasione per nuovi studi e ricerche, è proprio il volume curato da Jannis Korinthios e Amalia Pappa e la relativa mostra archivistica che presentano ad aver fornito una delle più significative occasioni di approfondimento.


Va, tuttavia, evidenziato come si trovano anche nella Carta di Epidauro indizi significativi, che testimoniano l’esistenza di una fitta rete di relazioni fra lotta greca di liberazione nazionale e l’opinione pubblica europea e, più in particolare, quel vasto mondo di dissidenti presenti in vari Paesi d’Europa dopo la restaurazione, che vedono nella Grecia la patria ideale in cui esercitare i valori di libertà.


Significativa di questa attenzione all’opinione pubblica, evidentemente non solo greca, è l’art. 46, in cui la Carta si preoccupa di assicurare ai giornalisti “il diritto di assistere alle sessioni regolari e straordinarie dell’organo Legislativo”.


Ma, soprattutto, a fronte dell’attenzione verso le vicende greche dei patrioti europei, si segnala una grande apertura della Carta di Epidauro a consentire l’ingresso in Grecia con pieni diritti a quanti fuggano da regimi oppressivi e illiberali. Così, nella seconda sezione della Carta, rubricata “Diritti generali degli abitanti entro il territorio greco”, l’art. 4 prevede che “quanti vengono da fuori e risiedono o soggiornano entro il territorio di Grecia, di fronte alle leggi sono uguali agli autoctoni”; mentre l’art. 5 attribuisce al Governo il compito di promulgare “prossimamente” una “legge sul conferimento della cittadinanza agli stranieri eventualmente desiderosi di diventare greci”.


Non vi è dubbio che queste aperture rispondono alla proverbiale filoxenia del popolo greco, di cui si rinvengono significative testimonianze, ad esempio, anche nella Costituzione proposta da Rigas Velestìnlis Pheràios nel 1797[10].


Ma il significato di queste disposizioni è ulteriore: la Grecia che rinasce spalanca le sue antiche braccia al mondo intero; è terra di gloriose tradizioni storiche e culturali, che hanno profondamente influenzato, fino a definire la struttura stessa dell’occidente; è terra di antica conversione al cristianesimo, nella cui lingua sono stati scritti e si sono diffusi i Vangeli; è a tutti gli effetti una ritrovata Nazione europea…


Ma, soprattutto, preme sottolineare come il Risorgimento greco segò il superamento degli equilibri sanciti nel Congresso di Vienna, la fine della Restaurazione: la Grecia aveva dimostrato che i popoli potevano ottenere la propria indipendenza e divenne modello per l’Europa.


Non è dunque un caso se, sull’esempio greco, che apre il XIX secolo, questo secolo diventerà in tutta Europa la stagione per rivendicare l’indipendenza dei popoli oppressi.


Seguirà la cd. “primavera dei popoli”: i moti indipendentisti siciliani e napoletani del gennaio del 1848, che costrinsero Ferdinando II di Borbone a concedere una Costituzione; la concessione della Costituzione in Toscana, nello Stato della Chiesa e nel Regno di Sardegna (unica, fra queste Costituzioni, lo Stauto Albertino, che non fu poi ritirata); gli eventi che portarono alla proclamazione in Francia della Seconda Repubblica e innescarono processi di unificazione in Germania e anche di indipendenza in Italia e in Ungheria.


La Grecia, all’origine dell’Occidente, ancora una volta, è stato motore del suo cambiamento!






[1] Si rinvia all’art. 3 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, secondo il quale “il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa”.


[2] Artt. 44, 45 (per due volte), 74, 80 e 101.


[3] Dove si alternano i riferimenti alla “Nazione”, alla “Nazione greca” e alla “Nazione degli Elleni”.


[4] Cfr. G. Hermet, Nazioni e nazionalismi in Europa, Bologna, 1997, spec. Cap. IV.


[5] Per l’art. 1: “La nazione spagnuola è la riunione di tutti gli Spagnuoli d’ambi gli emisferi. 2. La nazione spagnuola è libera, indipendente, nè è nè può essere patrimonio d’alcuna famiglia o persona. 3. La sovranità risiede essenzialmente nella nazione, e ad essa sola appartiene esclusivamente il diritto di stabilire le leggi fondamentali. 4. La nazione è obbligata a conservare e proteggere con leggi savie e giuste la libertà civile, le proprietà e gli altri diritti legittimi di tutti gl’individui che la compongono”.


[6] La Costituzione del 24 giugno 1793, nell’affermare la sovranità popolare prevede all’art. 7, che “Il popolo sovrano è l’universalità dei cittadini francesi”; all’art. 21 che “La popolazione è la sola base della Rappresentanza nazionale”; all’art. 29 che “Ogni deputato appartiene alla Nazione intiera”. Parimenti la Costituzione del 5 fruttidoro anno III (22 agosto 1795), prevede all’art. 2 che “L’universalità dei cittadini francesi è il Sovrano”; all’art. 52 che “i membri del Corpo legislativo non sono rappresentanti del dipartimento che li ha nominati, ma di tutta la Nazione, e non può esser loro dato mandato alcuno”.


[7] S. Birtachas, Solidarietà e scambi ideologico-culturali italo-ellenici in epoca risorgimentale: l’emigrazione politica italiana nelle isole ionie e in Grecia, in Mediterranea. Ricerche storiche, Anno IX, 26/2012, 461.


[8] S. Birtachas, Solidarietà e scambi ideologico-culturali italo-ellenici, cit., 462.


[9] Idem, 463.


[10] Si veda, al riguardo, l’art. 4 della Costituzione, rubricato “Condizione di cittadino”, in V. R. Velestinlìs, Scritti rivoluzionari, cit., 71, che estende la cittadinanza anche ad “ogni straniero di ventuno anni compiuti, il quale, abitando in questo Stato da un anno, vive del suo lavoro” (comma 2); a “chi acquista un podere” (comma 3); a “chi sposa una cittadina Ellenica” (comma 4); a “chi prende un bambino in affidamento” (comma 5); a “chi parla il greco volgare o il greco antico e aiuta l’Ellade, anche se vive agli antipodi (dato che il seme ellenico si è sparso in tutti e due gli emisferi)” (comma 6); a “chi è cristiano e non parla né il greco volgare né il greco antico, ma aiuta l’Ellade” (comma 7).





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