Icaro e il sogno della libertà...
In vista di una serie di incontri programmati dalla Filellenica con le scuole, sul tema "Miti greci e questioni di oggi", ho approfittato delle vacanze natalizie per riscrivere alcuni fra i più bei miti della tradizione ellenica.
Stamane pubblico il primo:
Icaro e il sogno della libertà
Trentamila, forse di più, i
migranti annegati nel mediterraneo per raggiungere le coste europee nell’ultimo
decennio; quindicimila solo negli ultimi tre anni... Giovani, bambine, ragazzi fuggiti dalla guerra, dalla povertà, dalla
disperazione; ripercorrendo l’antica rotta di Icaro, che attraversò il mare per
conquistare libertà e futuro, ma vi trovò la morte.
Dedalo, padre di Icaro,
architetto sublime ed inventore, sospettato di tradimento per aver aiutato,
insieme ad Arianna, Teseo a fuggire da Creta, era stato a sua volta rinchiuso
nel labirinto insieme al figlio.
L’antico sogno di volare, con
l’ingegno di Dedalo, si avverò: perché con ali di cera, intrise di tenere piume,
appositamente modellate per sé e per Icaro, insieme spiccarono il volo verso
occidente.
Né troppo in basso, perché il
mare non bagnasse ed appesantisse le piume; né troppo in alto, perché il caldo
sole non sciogliesse la cera, Icaro doveva volare. E seguire Dedalo in direzione
nord-ovest, sostenuto dal vento di Scirocco, che, caldo, porta con sé la
polvere del deserto ed i profumi
d’oriente...
Partirono insieme, l’uno accanto
all’altro, e videro, in pochi colpi d’ala, allontanarsi il grande palazzo di
Cnosso, luogo di prigionia, e Minosse incollerito. Seguirono il corso del Kairatos
e in pochi chilometri videro la costa. Giunti sul mare planarono su un grande
scoglio di fronte al golfo luminoso, dove sorge oggi la bella Eraclion, e
tirarono diritto verso nord, memore, Dedalo, della rotta che da Atene lo aveva
condotto all’isola dove abbonda la creta e l’acqua sorgiva. Sostarono, per
riposare, sulle pendici del grande vulcano di Oia; e all’indomani ripresero il
volo.
Sicuro di sé, Icaro, giovane e
incosciente del pericolo, precedeva il vecchio padre, che stanco lo seguiva con
battito d’ali più lento e doloroso. A nulla potevano le sue grida: “non troppo
in basso! non troppo in alto!”. Icaro
volteggiava nell’aria leggera del mattino; tornava indietro e di nuovo lo
superava; nella controra planava sulle onde per godere il refrigerio di
Poseidone benigno; a notte si librava in altro verso le stelle lontane. “Non troppo in basso! Non troppo in alto!”
gridava Dedalo. Ma Icaro era libero; si sentiva, finalmente e profondamente,
libero …
Superata Amorgos, con i suoi
profumi di basilico e cannella, Ikaro sempre più sicuro delle ali leggere,
precedeva il padre, le cui grida “Non
troppo in basso! Non troppo in alto!” giungevano alle sue orecchie come una
lontana eco, consueta, abituale, insignificante.
Il sole di primavera, quel
giorno, lo sorprese mentre in alto, libero e solo volava fra le stelle.
Quel
tepore dolce, dopo una notte tersa ma rigida, lo spinse inconsapevolmente ancor
più su, per ritemprare il giovane corpo, vigoroso ma intorpidito.
Da lontano scorgeva la costa
rocciosa a sud dell’isola di Dolichi, ma poteva ammirare, al di là del monte Atheras,
anche la macchia verde della costa
settentrionale.
Quando pian piano iniziò a
planare, il carro del sole era ormai giunto in altro ed i suoi raggi bollenti
scottavano sulla pelle imbrunita.
In pochi istanti, Icaro sentì dentro di sé la voce del
padre “non troppo in alto!”.
Un brivido profondo gli percorse
la schiena.
Lo sguardo impaurito cadde sul
braccio destro e vide una goccia, poi un’altra: era la cera che cadeva
lentamente ma inesorabilmente dalle sue ali.
Accelerò il battito per sfuggire
al ferale destino; ma le piume non ressero il ritmo ed iniziarono anch’esse,
una ad una, a volar via, leggere …
Terrore!
Fu un attimo: perdere le ali,
avvilupparsi su se stesso, precipitare sempre più veloce verso il mare Egeo.
Un pescatore di Dolichi ritrovò
il corpo esanime di Ikaro nella sua rete.
Era abbronzato, intonso,
vigoroso, bellissimo …
Da quel giorno l’isola dalle pendici alberate prese il suo nome, Ikaria, a ricordo del
giovane che per seguire il sogno di
eterna libertà sfidò con ali leggere Apollo ed il suo carro dorato.
«Lascia che la vita ti porti dove vuole. Tanto, comunque vada,
questo è quanto accadrà», ripete ancora oggi un Icariota di 94 anni, con quella
filosofia propria dell’Isola dell’Egeo, che l’ha resa patria di tanti
ultracentenari ...
E, ad Icaro, la vita lo ha portato in alto, molto in alto,
troppo vicino al sole.
Sorte migliore di quanti, invece, conoscono oggi solo la
guerra, la povertà, un gommone, tanto mare, lo stesso, profondo, mare …
É bellissimo .... !!!!
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