L’isola grecofona in Puglia: l'intervento di Luigi Orlando alle Giornate Elleniche di Taras

Salone degli Specchi del Comune di Taranto, 2 dicembre 2017

Le origini

Nell’antico Salento, tra due mari, l’Adriatico e lo Jonio, culle tormentate e cruente della civiltà occidentale, in uno spazio ormai ridotto a nove comuni contigui, sopravvive la lingua greco salentina, testimonianza sensibile della radice culturale unificante dell’identità salentina: la grecità.
L’area grecofona, denominata Grecìa Salentina, è la parte residua di una enclave culturale ellenica più vasta, che, in epoca medievale, caratterizzava quasi l’intero Salento con particolare radicamento nelle diocesi di Otranto e di Nardò. Comprende i nove comuni griki di Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino che conservano, insieme alla lingua greca, tesori culturali unici, dall’architettura alla musica, dalle tradizioni popolari alla gastronomia, a testimonianza di una millenaria, pacifica osmosi culturale realizzatasi tra la popolazione indigena ed i coloni provenienti dall’area egeo-balcanica.
Il paesaggio è caratterizzato da un vasto altipiano, costellato da misteriose presenze preistoriche, quali dolmen, menhir e men-an-tol, da antichi insediamenti messapici e bizantini, da specchie, castelli e fortificazioni, da secolari alberi di ulivo e da un’affascinante reticolo di muretti e ripari in pietra a secco.
La lingua grika e l’antica cultura ad essa collegata, diffuse in quasi tutto il Salento almeno fino al XVI sec., connotano profondamente l’identità salentina. Sulle loro origini, a partire dagli ultimi decenni del XIX sec., si è acceso un vivace dibattito tra i sostenitori dell’origine magnogreca e gli assertori dell’origine bizantina.
Nel 1870 Giuseppe Morosi, professore reggente di storia nel Regio Liceo-Ginnasio di Lecce, dopo aver studiato per quattro anni la lingua greco-salentina grazie alla cordiale disponibilità di amici e colleghi di Martano1, pubblicò un’opera fondamentale per questo ambito di studi, dal titolo “Studi sui dialetti greci di Terra d’Otranto”.
Il Morosi esaminò i testi griki che era riuscito a raccogliere, comparandoli con la lingua greca classica e con il greco moderno, e rilevò una sorprendente somiglianza tra il griko e la demotica (δημοτική = volgare), la lingua volgare comunemente parlata in Grecia (divenuta dal 1976 lingua ufficiale della Repubblica Ellenica).
Le successive ricerche, condotte dallo studioso presso le comunità grecofone dell’Aspromonte, dove la lingua, pur presentando un lessico più ricco e forme morfologiche più arcaiche, si rivelò anch’essa assimilabile al greco volgare moderno, lo indussero ad affermare che le popolazioni grecofone del Salento e della Calabria, poiché parlavano una lingua molto più affine al greco volgare che ai testi della letteratura classica greca, non potevano che risalire a più recenti colonizzazioni di epoca bizantina, compresa tra il VI e XII sec. d.C. .
A queste conclusioni si oppose vigorosamente l’illustre romanista tedesco Gerhald Rohlfs. Nel 1922, l’allora giovane studioso svolgeva ricerche in Calabria sui dialetti romanzi di quella regione. Fu colpito dalla ricorrenza molto frequente di termini greci in un’area di gran lunga più estesa rispetto a quella occupata dai grecofoni, ridotta, allora come oggi, sulle balze dell’Aspromonte. Lo stesso fenomeno fu riscontrato dal Rohlfs nel Salento. Pertanto si chiese come fosse possibile che gruppi limitati e circoscritti di coloni stranieri avessero potuto imporre elementi tanto macroscopici della loro cultura e della loro lingua alle popolazioni latine circostanti. Concluse che in Calabria ed in Puglia la grecità della Magna Grecia non si era mai estinta ed aveva, anzi, trovato nel dominio bizantino l’occasione per ravvivarsi e resistere fino ai giorni nostri2.
La querelle, che si protrasse a lungo (e non è ancora risolta), generò due agguerrite fazioni di studiosi che, in assenza di documenti storici certi a favore dell’una o dell’altra tesi, hanno continuato a scandagliare a fondo non solo la lingua ma anche aspetti collaterali della cultura greca in Italia, spaziando dalla religione alle arti figurative e dalle tradizioni popolari ai toponimi più antichi.
Nel 1999, con lo scopo di aggiungere una visione archeologica agli studi già disponibili ed utilizzando un finanziamento finalizzato della Commissione delle Comunità Europee, ho dato incarico agli illustrissimi professori Mario Lombardo e Francesco D’Andria, dell’Ateneo leccese, di redigere, insieme alle loro équipes, una relazione sullo stato delle conoscenze archeologiche in materia di grecità nel Salento. Il volumetto che ne è derivato (I Greci in Terra d’Otranto, Congedo, Galatina, 1999) a cura degli studiosi suddetti, propende decisamente per l’origine bizantina della lingua grika dei salentini.
In estrema sintesi, riporto le linee fondamentali del contributo dei due curatori e dei loro collaboratori.
L’avvio della penetrazione Ellenica in Terra d’Otranto, nella tradizione letteraria antica3, viene fatta risalire alle epoche più remote, di solito collegata alle gesta di eroi leggendari quali l’ateniese Teseo, i cretesi Jàpige ed Idomenèo, l’argivo Diomède, il beota Messàpo. L’indagine archeologica conferma che verso il XV secolo a.C., i naviganti micenei, provenienti dalla penisola greca, diedero inizio ad un lungo periodo di contatti con le genti del Mediterraneo occidentale. Il Salento rappresentò per loro una tappa inevitabile per poi continuare verso Ovest. Il lungo e proficuo dialogo con i Micenei, portatori di una civiltà più avanzata, produsse nelle genti indigene un rapido progresso socioeconomico testimoniato dall’acquisizione di tecnologie produttive più evolute nell’ambito della produzione vascolare e di quella agricola.
Nel VI secolo a.C., la documentazione risulta più ampia, tanto che, talora, su vasi rinvenuti negli insediamenti messapici si trovano nomi di individui greci. La contiguità tra le due culture determina importanti fenomeni all’interno delle comunità salentine, come l’adozione della scrittura, della moneta, della raffigurazione delle divinità con caratteri antropomorfi. Interessante appare anche la diffusione capillare del consumo di vino, spesso importato dalla Grecia. Infine, tra gli individui di estrazione aristocratica, come presso i greci, si diffonde la pratica delle attività atletiche.
A partire dalla metà del IV secolo a.C., specialmente in seguito all’instaurarsi di un clima di amicizia e collaborazione tra Taranto ed i Messapi, il Salento risente con maggiore intensità dell’influenza greca. Gli insediamenti messapici, ubicati prevalentemente in posizione sub-costiera, si cingono di mura di fortificazione di tipo ellenico. La koinè artistica di età ellenistica, che collega l’Apulia all’Epiro ed alla Macedonia, è documentata soprattutto in ambito funerario, sia nell’architettura che nella pittura e nella scultura.
Nel millennio successivo, la posizione del Salento determina una continuità di flussi e contatti tra le opposte sponde dell’Adriatico. Gi antichi autori latini descrivono ripetutamente le rotte di attraversamento del canale d’Otranto e queste, singolarmente, appaiono coincidere con quelle ricostruibili attraverso lo studio dei relitti. Sulle navi provenienti dall’Oriente, venivano trasportate le anfore commerciali prodotte in Grecia, e rinvenute nei siti salentini, insieme ad altre ceramiche greche da mensa e da fuoco.
Le fonti disponibili ci consentono di affermare che la vera colonizzazione del Salento, da parte dei greco-bizantini, avviene dopo la profonda crisi iconoclasta, intervenuta a Costantinopoli a partire dal 726 d.C., a seguito del bando dell’Imperatore Leone III Isaurico, contro la presenza di immagini umane nei luoghi di culto. Da questo momento in poi si verifica l’esodo degli iconoduli verso il Salento. Il movimento migratorio si intensifica a partire dalla presa di Bari, nell’876 d.C., da parte dei bizantini di Basilio I Il Macedone – per un ventennio Bari era stata sede di un Emirato Arabo – che dà l’avvio alla seconda, massiccia, colonizzazione bizantina. A partire dal X secolo, il Salento appare interamente grecizzato.
Tale situazione è anche documentata dalla presenza nel Salento di numerose cripte bizantine, databili tra il X ed il XIV secolo, ossia fino a tre secoli dopo la caduta dell’Impero di Bisanzio (anno 1071, presa di Bari da parte di Roberto il Guiscardo).
La presenza dei coloni greci nella penisola salentina era capillarmente radicata ed assolutamente egemone. Ciò ha consentito la sopravvivenza dell’arte bizantina fino al XIV secolo e del rito liturgico fino al XVII secolo.
Da dove sono venuti i coloni greci? Probabilmente dal Peloponneso, come starebbe dimostrando l’indagine del prof. Stamatoyannopoulos, di cui parleremo tra poco, ma anche dall’Anatolia, come evidenzia lo studio comparato delle immagini bizantine presenti nel nostro territorio oppure dall’isola di Creta, come proverebbero altri studi di carattere linguistico. È stato un movimento migratorio molto ampio e complesso, la cui esatta provenienza non può essere stabilita, ad oggi, con certezza.
Una decina di anni fa, un gruppo di ricerca, insediato presso l’Università di Washington (Seattle, WA, USA), coordinato dal prof. George Stamatoyannopoulos4, studioso di genetica medica e presidente dell’Associazione Americana di Ematologia e dell’Associazione Americana di Terapia Genica, ha avviato il progetto “Genoma Ellenico” con lo scopo di preservare l’individualità genetica delle sottopopolazioni greche. La ricerca ha riservato, nel 2011, un’importante capitolo nei comuni della Grecìa Salentina dove il prof. Stamatoyannopoulos e la sua equipe, affiancati dalla prof.sa Anna Rita Franco Migliaccio, professore di Medicina al Mount Sinai School of Medicine e dal dott. Maurizio Muratore, direttore dell’U.C. di Reumatologia presso l’Ospedale di San Cesario, con l’appoggio delle Amministrazioni Comunali e del nostro Ufficio Lingua Minoritaria, ha potuto prelevare, in tutti i comuni della Grecìa Salentina, campioni di sangue di individui anziani, provenienti da famiglie di lingua grika che da più generazioni abitano nello stesso comune.
Oltre a conservare in biobanche il DNA per studi futuri, una piccola parte di campioni prelevati viene attualmente utilizzata per valutare la presenza di circa un milione di markers per ogni donatore. Tale numero è sufficiente per stabilire le relazioni genetiche tra i griki del Salento e le popolazioni della Grecia. È, dunque, possibile che nel prossimo futuro questa ricerca consentirà di stabilire da quali regioni della Grecia provengono le popolazioni di lingua minoritaria grika del Salento, ponendo, probabilmente, un punto fermo alla vecchia querelle.

Il declino

Verso la fine del XIX sec., cominciò a delinearsi il declino della lingua grika nel Salento.
La legge Coppino del 1887 sull’istruzione scolastica obbligatoria, che prevedeva l’obbligo di frequenza scolastica fino a nove anni, la legge Orlando del 1904, che estendeva tale obbligo, ed, in particolare, la riforma Gentile del 1923, se da un lato ebbero il grande merito di avviare in maniera sempre più determinata il processo di alfabetizzazione degli italiani, dall’altro ebbero il demerito di osteggiare apertamente le minoranze linguistiche. Di tale ostilità si fecero volenterosi interpreti molti insegnanti che, provenendo da comuni non griki, già per propria disposizione mentale non avevano nessuna simpatia per una lingua che non conoscevano e dalla quale si sentivano esclusi. Ne derivò una situazione di forte disagio per una popolazione che si esprimeva comunemente in griko: la propria lingua madre era ormai considerata sinonimo di arretratezza, di ignoranza e di esclusione sociale.
“Una pena ho nel mio cuore”, scriveva Domenicano Tondi (Zollino 1885 – 1965) in un breve racconto autobiografico5, “la nostra Grecìa. Vorrei che questa Grecìa la conoscessero, l’amassero, l’aiutassero tutti. Questa vecchia e bella lingua nostra, che da tremila anni risuona nei nostri luoghi e che trascina la vita povera e negletta, spesso derisa; questa nostra lingua che nemmeno possiamo scrivere con i suoi segni perché ci sono diventati stranieri, vorrei vederla riconosciuta, apprezzata, nelle scuole e nelle chiese”.
Tra la fine del XIX sec. e la prima metà del XX, molti uomini colti della Grecìa si batterono appassionatamente con gli scritti e, talvolta, anche con le armi per restituire piena dignità all’antica lingua e per fermare un declino che già appariva inarrestabile. Proprio negli anni più difficili per la lingua grika, durante il ventennio mussoliniano, la Grecìa conobbe l’opera instancabile e lungimirante di Don Mauro Cassoni, priore presso il Monastero di Santa Maria della Consolazione di Martano a partire dal 1928. Don Mauro, laziale di nascita, si innamorò immediatamente della lingua grika e dedicò alla sua salvaguardia oltre due decenni di studio appassionato fino alla morte, avvenuta nel 1951.
Del suo ultraventennale impegno rimangono due opere di straordinaria modernità, fondamentali per la conoscenza della lingua grika: “Hellàs Otrantina”, disegno grammaticale della lingua grika, la cui prima edizione è del 1937, e il “Vocabolario del greco otrantino”, di cui Don Mauro Cassoni riuscì a pubblicare la lettera alpha nel 1941. Il vocabolario è stato pubblicato integralmente nel 1999 a cura del concittadino prof. Salvatore Sicuro, grazie al costante impegno dell’attuale priore Don Ilario D’Ancona, che della missione culturale cassoniana è degno ed attento custode e prosecutore, e dell’intera comunità monastica martanese.
L’impegno di tanti intellettuali dei comuni griki non riuscì a cambiare significativamente la percezione negativa che ormai gravava sulla lingua grika, ma, in compenso, ci ha consegnato una preziosa produzione letteraria, grammaticale e filosofica.
Tuttavia, nonostante le difficoltà di cui si è dato conto, gli sconvolgimenti portati dalle due Guerre Mondiali ed il fenomeno dell’emigrazione, verificatosi, in particolare, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, la lingua grika ha continuato a manifestare una straordinaria vitalità presso le nostre popolazioni.
Le rilevazioni ufficiali de1 901, 1911 e 1921 nei nove comuni griki superstiti davano rispettivamente una percentuale di grecofoni dell’89,3%, dell’87,8% e del 66,3% su una popolazione complessiva che passava dai 22.519 abitanti del 1901 ai 24.172 del 1921.
 Una indagine effettuata da Benito Spano nel 1964 e pubblicata nel volume “La Grecìa bizantina ed i suoi riflessi geografici nell’Italia Meridionale e Insulare” rivela come, in quell’anno, dei 38.160 cittadini residenti nella Grecìa Salentina, 19.733, ossia il 51,7%, parlavano la lingua grika. In termini assoluti, ben 3.700 cittadini grecofoni in più rispetto al 1921.

La situazione attuale

A partire dagli anni ’70 del secolo scorso, si è affermato un rinnovato interesse per l’antica lingua6, numerose associazioni culturali grecofone (Argalìo, Astèria, Chora-ma, Ghetonìa, Glossa-ma), e singoli studiosi, affiancati da diverse istituzioni ed uffici pubblici (in particolare, il Distretto Scolastico di Martano, la Scuola Elementare di Castrignano de’ Greci, il Centro Regionale per i Servizi Educativi e Culturali di Martano-Calimera ed alcuni comuni dell’area) si sono distinti nell’opera di recupero e valorizzazione di aspetti rilevanti della lingua, della musica e della tradizione grika. Da Martano, Radio Glossa-ma avvia le trasmissioni in lingua grika e presso alcune scuole medie vengono istituiti corsi di griko.
Dagli anni ’80, due manifestazioni annuali (la Settimana italo-ellenica, promossa a Calimera dal CRSEC nel mese di luglio, e Agorà, organizzata dal Comune di Martano nel mese di agosto) riscuotono per molti anni uno straordinario interesse puntando sulla peculiarità culturale dell’area.
A partire da 1995, il Distretto Scolastico di Martano, grazie ad un accordo di collaborazione con il Ministero Ellenico alla P.I. e Culto, organizza corsi comparativi di lingua grika e neogreca in tutte le scuole della Grecìa e presso circoli culturali ellenofoni. I corsi hanno accolto fino ad oggi migliaia di studenti e centinaia di adulti.
Nel 1990, il CRSEC di Martano pubblica, presso l’editore Congedo di Galatina, Ad Ovest di Bisanzio – il Salento medievale a conclusione di un importantissimo seminario internazionale di studi sulla grecità salentina e nel 1996 il Distretto Scolastico di Martano pubblica, presso lo stesso editore, Grecìa Salentina – Arte, Cultura e Territorio, volume divenuto fondamentale per gli studi sulla Grecìa. Nei due anni seguenti, quest’ultimo, d’intesa con il Provveditorato agli Studi di Lecce, realizza anche due affollatissimi seminari per docenti sulla lingua e sulla cultura grika e neogreca.
Nel 1996, nasce l’Associazione dei Comuni della Grecìa Salentina (poi divenuta Consorzio ed, infine, Unione) con l’intento di promuovere e sostenere le iniziative culturali più rilevanti per il recupero e la valorizzazione della lingua e della cultura dei griki. L’associazione si impegna subito nella realizzazione della Festa della Taranta che riprende la tradizione ed i ritmi dei gruppi di pizzica tarantata, inizialmente sorti con finalità terapeutiche, e riesce ad imporre la tipica cultura musicale griko-salentina all’attenzione internazionale. Altre spettacolari manifestazioni, che recuperano la tradizione locale, in particolare le Passioni in lingua grika, durante la Settimana Santa, trasmettono un piccolo florilegio di ritmi, di versi e di termini griki ad un numero crescente di giovani.
A partire dal 2002, grazie ai finanziamenti erogati dalla Legge di Tutela delle Minoranze Linguistiche Storiche (482/99), vengono istituiti, con alterna fortuna, gli sportelli linguistici presso tutti i comuni griki e vengono attivate numerose iniziative presso le scuole elementari e medie della Grecìa.
L’insieme delle iniziative suddette e di molte altre meno visibili, ma altrettanto importanti, se non hanno riportato, come era ampiamente previsto, il Griko al ruolo di lingua madre di Grecìa Salentina (il Griko è usato come seconda lingua, o lingua della memoria, dalle generazioni più anziane e da qualche centinaio di giovani), certamente hanno cambiato profondamente la percezione di una lingua e di una cultura che sono divenute, anche per chi ne possiede solo pochi elementi, motivo di attenzione, di ricerca e, perfino, di orgoglio.








1 G. Morosi, Studi sui dialetti greci di Terra d’Otranto, Lecce, 1870: «E per mia fortuna ebbi modo di entrare in amichevole relazione con gente greca di Martano con la quale continuamente conversando potei farmi addentro nel suo dialetto… »

2 Si veda G. Rohlfs, Scavi linguistici nella Magna Grecia, Galatina, 1975.
3 Per una trattazione più ampia sulle fonti letterarie antiche e sulle risultanze archeologiche nei periodi considerati, si veda il contributo di L. Orlando, Gli elleni in Terra d’Otranto in Puglia Rurale - Il territorio della Grecìa Salentina, pp. 32-47, Bari, 2000.
4 Si veda l’articolo di G. Stomatoyannopoulos, Alla ricerca delle radici perdute in Salento Medico, Anno XXXV, Num. 6, Nardò, 2012.
5 D. Tondi, La lingua grika del Salento, Noci, 1935.
6 Si veda il contributo di L. Orlando, Una politica culturale per la Grecìa Salentina, nel volume Grecìa Salentina arte, cultura e territorio, pp. 9-12 Galatina, 1996.

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