Lettera ai Dirigenti Scolastici italiani sulla celebrazione della Giornata Mondiale della Lingua Greca.





Egregio Dirigente scolastico, 


il prossimo 9 febbraio si celebra la “Giornata mondiale della Lingua e della Cultura Ellenica”. 

Si tratta di una giornata, indetta con legge il 23 febbraio 2017 dal Parlamento ellenico, destinata a fare memoria dello straordinario contributo che la Lingua e la Cultura Greca hanno dato alla civiltà occidentale. 

La Società Filellenica Italiana, che riunisce amici della Grecia su tutto il territorio italiano - per informazioni La invito a visitare il nostro blog all’indirizzo: www.filellenica.blogspot.it -, sta promuovendo nelle scuole del nostro Paese la celebrazione della Giornata, che quest’anno evidentemente non potrà avvenire il 9 febbraio, che cade di domenica, ma nei giorni immediatamente antecedenti o successivi. 

Le affido, quindi, questo fervido invito a celebrare la Giornata della Lingua, confidando nella consapevolezza che certamente avrà, come persona dedita alla cultura, dell’enorme debito che tutti noi abbiamo nei confronti della Grecia. 

La celebrazione può anche consistere nella lettura, prima dell’inizio delle lezioni, di un testo greco o relativo alla Grecia. Volendo, i docenti del Suo Istituto potranno poi dedicare uno spazio al tema, durante il loro orario di lezione. 

Le accludo alcuni testi, che abbiamo selezionato e che potrebbero essere letti nella celebrazione della giornata. Troverà anche una serie di link che potrà consultare per rinvenire ulteriori riferimenti alla poesia greca (ma la Grecia, come ben sappiamo, è anche filosofia, medicina, matematica, teatro, storia, arte, geografia, ecc…). 

Le sarei particolarmente grato se, accolto il nostro invito e celebrata la Giornata, volesse poi inviarci alcune fotografie dell’evento, per il nostro archivio. 

La ringrazio molto per l’attenzione e La saluto molto cordialmente. 


Prof. Marco Galdi 
Presidente della Società Filellenica Italiana








9 febbraio 2020
Giornata della Lingua e della Cultura ellenica


Με την Ελλάδα
Jean Richepin, 1849-1926



Abbattete tutta la Grecia a una profondità di 100 metri.
Svuotate i musei di tutto il mondo.
Abbattete qualsiasi cosa sia greca, ovunque nel mondo.
Dopo, eliminate la lingua greca dappertutto.
Dalla vostra medicina e dalla vostra farmacia.
Dalla vostra matematica (geometria, algebra).
Dalla vostra fisica e chimica.
Dalla vostra astronomia.
Dalla vostra politica.
Dalla vostra vita quotidiana. Eliminate la matematica, eliminate ogni forma, trasformate il triangolo in ottagono, la retta in curva!
Eliminate la geometria dai vostri edifici edifici, dalle vostre strade, dai vostri giochi, dalle vostre auto!
Eliminate il nome di ogni malattia e di ogni cura, sopprimete la democrazia e la politica!
Rimuovete la forza di gravità, spostate l’alto in basso, cambiate i satelliti in modo che abbiano un’orbita quadrata!
Cambiate tutti i vostri libri (perché ovunque ci sarà sempre anche una parola greca)!
Cancellate dalla vostra vita quotidiana ogni parola greca!
Cambiate i Vangeli, cambiate il nome di Cristo! Deriva dal greco e significa colui che ha l’unzione! Modificate la forma di ogni tempio (perché non abbia geometria greca).
Eliminate Alessandro Magno, tutti gli eroi del mito e della storia, cambiate l’istruzione, il nome della storia, i nomi delle università, cancellate la filosofia, cambiate il vostro modo di scrivere, utilizzate l’alfabeto arabo, cancellate, cancellate, cancellate…
Direte “Non si può fare”.
Giusto, non è possibile, perché dopo non potrete neppure costruire una frase… È impossibile cancellare la Grecia, i greci e il loro contributo a questo pianeta…
La sfida, tuttavia, è stata lanciata.






Dal discorso di Pericle agli Ateniesi



“Noi abbiamo una forma di governo che non ha niente da invidiare agli altri, e non solo non imitiamo nessuno, ma siamo anzi noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata democrazia, perché non favorisce l’interesse di poche persone, ma della maggioranza dei cittadini. Le leggi assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma non ignoriamo i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento...
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana: noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo il nostro prossimo se preferisce vivere a suo modo...
Tuttavia rispettiamo le leggi e quando si tratta di affari pubblici abbiamo un’incredibile paura di commettere delle illegalità: ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e le leggi, specie quelle che tutelano chi subisce un’ingiustizia e quelle non scritte la cui universale sanzione risiede solo nell’universale sentimento di ciò che è giusto...
La nostra città è aperta al mondo; noi non cacciamo mai uno straniero...Noi siamo liberi di vivere proprio come ci pare, e tuttavia siamo sempre pronti a difenderci dai nemici...
Noi amiamo la bellezza senza indulgere tuttavia a fantasticherie e, benché cerchiamo di migliorare il nostro intelletto, siamo però sempre pronti all’azione...
Riconoscere la propria povertà non è una disgrazia presso di noi; ma riteniamo deplorevole non fare alcuno sforzo per evitarla. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private...
Un uomo che non si interessa dello Stato non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e, benché soltanto pochi siano in grado di dedicarsi alla politica, tutti noi siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla strada dell’azione politica, ma come indispensabile premessa ad agire saggiamente....

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà e la libertà il frutto del valore e non ci tiriamo indietro di fronte ai pericoli di guerra...”[1]





[1] Cfr. Tucidide, La guerra del Peloponneso, II, 37-40.

ITACA di C. KAVAFIS (traduzione di F. M. Pontani)


Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrìgoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto, e squisita
è l'emozione che ti tocca il cuore
e il corpo. Né Lestrìgoni o Ciclopi
né Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.

Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra!) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d'ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Recati in molte città dell'Egitto,
a imparare dai sapienti.

Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna quell'approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all'isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t'ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.

E se la trovi povera, Itaca non t'ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito cosa vuol dire un'Itaca.


  




Giacomo Leopardi, dal "Discorso in proposito di una orazione greca di Giorgio Gemisto Pletone".


"Veramente è cosa mirabile questa nazione greca, che per ispazio dintorno a ventiquattro secoli, senza alcuno intervallo, fu nella civiltà e nelle lettere, il più del tempo, sovrana e senza pari al mondo, non mai superata: conquistando, propagò l'una e l'altre nell'Asia e nell'Affrica; conquistata , le comunicò agli altri popoli dell' Europa. E in tredici secoli, le mantenne per lo più fiorite, sempre quasi incorrotte; per gli altri undici , le conservò essa sola nel mondo barbaro, o dimentico di ogni buona dottrina. Fu spettacolo nuovo, nel tempo delle Crociate, alle nazioni europee: gente polita, letterata, abitatrice di città romorose, ampie, splendide per templi, per piazze, per palagi magnifici, per opere egregie d' arti di ogni maniera; a genti rozze, senza sentore di lettere, abitatrici di torri, di ville, di montagne; quasi salvatiche e inumane. All'ultimo, già vicina a sottentrare ad un giogo barbaro, e perdere il nome, e, per dir così, la vita, parve che a modo di una fiamma, spegnendosi , gittasse una maggior luce: produsse ingegni nobilissimi, degni di molto migliori tempi; e caduta, fuggendo dalla sua rovina molti di essi a diverse parti, un' altra volta fu all' Europa, e però al mondo, maestra di civiltà e di lettere". 





Per altre letture si suggerisce di consultare i seguenti siti:









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