"Noi e gli altri. Gli Elleni, l’oriente e l’identità occidentale in due parole: isonomia e democrazia".

Si riporta di seguito la trascrizione, con annotazione essenziale, dell’intervento tenuto dal Presidente della Società Filellenica Italiana, Prof. Marco Galdi nel corso dell’incontro “Grecia e Italia - La Forza Delle Parole: storia, filosofia, cultura e diritto”, svoltosi presso l’Ambasciata della Repubblica di Grecia in Roma il 27 aprile 2023, organizzato dall'Ambasciata stessa e dall'Associazione Diplomatia.




Noi e gli altri.

Gli Elleni, l’oriente e l’identità occidentale in due parole: isonomia e democrazia.

Marco Galdi[1]

 

 

L’identità greca si struttura sulle differenze che si vanno definendo con i Persiani e gli altri popoli orientali; e nel definirsi fonda quella che sarà l’identità dell’intero occidente[2].

Oriente ed occidente per i greci, dapprima, furono solo dati geografici: ne i Persiani di Eschilo (v. 230) la madre di Dario, la regina Atossa, chiede ai suoi interlocutori “dove sorge Atene, in quale terra?” Ed il coro risponde: “Lontano, verso Occidente: dove il sole divino svanisce nel tramonto”. Quindi, l’occidente è il luogo del tramonto del sole. Lo conferma uno dei maggiori storici del XX secolo, Santo Mazzarino, per il quale i termini “Asia” ed “Europa” deriverebbero rispettivamente dall’accado (assiro-babilonese) aşu “sorgere” ed erebu “entrare” (con riferimento al sole, “tramontare”), esprimendo i concetti di Oriente ed Occidente[3].

Ma queste categorie geografiche sono destinate, con il tempo, a trasformarsi in una dicotomia identitaria.

Nei frammenti raccolti postumi nel volume Der Wille zur Macht”, Nietzsche scrive: “Alla base del greco sta lo smisurato, il deserto, l’asiatico. Il valore del greco consiste nella lotta contro il suo asiatismo. La bellezza non gli fu data in dono, così come non gli furono donate la logica né la naturalezza dei costumi.  Fu conquistata, voluta, espugnata. È la sua vittoria”[4].

Ma come si costruisce questa identità per differenza, come si emancipa il greco dall’asiatico, come accade questo processo di caratterizzazione per un popolo che nasce dalla fusione di popolazioni neolitiche provenienti dalla mezzaluna fertile e di altre popolazioni, le indoeruopee, comunque provenienti dalle steppe asiatiche?

La differenza matura grazie al rapporto straordinario degli Elleni con il mare. Lo racconta magnificamente Edith Hall: la grecità si struttura come sintesi di tutte le culture del mediterraneo, conosciute e frequentate grazie alla colonizzazione[5]. Il prototipo del greco è il viaggiatore Ulisse, che non a caso sarà più volte ed in epoche diverse riletto in occidente (Dante Alighieri, Saba, Joyce): uomo libero, aperto al mondo, come si connota fin dai primi versi dell’Odissea:

“L’uomo ricco d’astuzie raccontami, o Musa, che a lungo
errò dopo ch’ebbe distrutto la sacra rocca di Troia;
di molti uomini le città vide e conobbe la mente,
molti dolori patì in cuore sul mare,
lottando per la sua vita e pel ritorno dei suoi”.
Ecco, come Ulisse, il greco patisce sul mare, ma grazie al mare vede città e conosce la mente di molti uomini…

Ma la differenza diventa chiara solo con le guerre persiane.

Dopo i venti, lunghi anni di guerra con i medi, il persiano viene rappresentato come alterità radicale rispetto al greco[6].

Sottolinea questo momento di passaggio Cinzia Bearzot, allorché rileva come “i Greci avrebbero «scoperto» la loro identità nel processo di differenziazione/opposizione nei confronti degli asiatici/persiani e con esso il senso della loro specificità e della loro «superiorità morale»”[7].

Ma in cosa si sostanzia questa identità che rende unici i Greci?

Ovviamente la Grecia antica è stata una realtà estremamente complessa. Ma se c’è un elemento che ha accomunato – e accomuna – gli Elleni, è il valore straordinario da essi attribuito alla “libertà”. Quella libertà che farà scrivere sulla sua tomba al Poeta: “Δεν ελπίζω τίποτα, δε φοβούμαι τίποτα, είμαι λέφτερος” - Non spero nulla, non temo nulla, sono libero”[8].

Ed è il profondo sentimento di libertà che si traduce nell’avversione per ogni forma di subordinazione ad altri, al tiranno, al padrone, e nell’aspirazione alla libera partecipazione; in ultima istanza, nell’aspirazione all’eguaglianza sul piano politico.

Così Aristotele, nella Politica, ritiene che il governo “dispotico” sarebbe tipico dei Paesi orientali, contrapposto ai governi dei popoli liberi: una forma di governo adatta a quei popoli barbari, i quali «essendo per natura più servili dei Greci - e i popoli asiatici sono più servili di quelli europei -, sopportano senza difficoltà un potere dispotico esercitato su di loro»[9].

Di recente ha rilevato Eva Cantarella come già in Omero, nell'episodio del Ciclope, si possa cogliere la profonda differenza che i greci percepiscono fra loro e gli altri popoli: i Ciclopi non conoscono l'assemblea, ignorano la “politica”[10]. E così si lamenta il poeta Alceo - ricorda ancora la Cantarella -, esiliato da Mitilene, perché privato dei diritti politici: «Vivo una vita da contadino – infelice! –/e ho nostalgia d’ascoltare/l’assemblea convocata, o Agesilaida,/e il consiglio: questi erano i beni /che aveva mio padre e il padre del padre, /sino a che furono vecchi / presso i miei concittadini / che si rodono l’uno con l’altro»[11].

Nel mondo greco, insomma, la dimensione dell'eguaglianza si afferma soprattutto sul piano politico, come ἰσηγορία, cioè “uguaglianza nel diritto di parola in assemblea” (o meglio nell'ἀγορά), ἰσονομία, cioè eguaglianza di fronte alla legge, e  παρρησία, “libertà di dire tutto”, di esprimersi con franchezza[12]. Dimensione, quella politica, per definizione escludente: sul piano politico, solo i Greci sono fra di loro eguali. E, proprio per questo, dimensione idonea a forgiare uno degli elementi che andranno a connotare l’uomo occidentale. L'idea greca di eguaglianza è così straordinariamente innovativa, che ancora Sante Mazzarino individua nell'affermazione di questo principio il «travaglio costituzionale» che connota la Grecia classica e con essa caratterizzerà l'intero occidente: «Il travaglio costituzionale ci è apparso come l'opera di tutti i Greci; ed è un travaglio gelosamente, diremmo, greco, senza alcun emprunt lidio o comunque straniero. In esso l'anima dell'Occidente si è, la prima volta, rivelata. Partendo da condizioni analoghe a quelle delle città-stato orientali, i Greci tuttavia hanno “scoperto” qualcosa che gli Orientali non sospettavano: l'esigenza isonomica. Questa fu la nascita dell'Occidente»[13].

E l’eguaglianza politica richiama subito l’idea della democrazia, cosicché eguaglianza e democrazia diventano i cardini della nuova identità occidentale.

Pericle, nel discorso del 461 a.C. riportato da Tucidide, individua proprio nella democrazia e nell’isonomia i tratti caratterizzanti di Atene, “scuola della Grecia”:

“Qui ad Atene “noi” facciamo così. Qui il “nostro” governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene “noi” facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti (…)”.

Ora, il discorso sulla democrazia ci porterebbe lontano: in realtà essa, almeno dapprincipio, definì il potere di una sola classe sociale, la più bassa, il demos, e non di tutto il popolo indistintamente considerato. Eppure in Grecia, nell’idea di Costituzione mista, il ruolo politico del popolo si sublima nella Politeia aristotelica, che è ricerca di equilibrio fra classi sociali, con prevalenza della classe media che dà stabilità alla Costituzione.

La Grecia/Occidente, quindi, nasce come sistema di valori in opposizione alla Persia/Oriente[14]. Le categorie che definiscono questa contrapposizione, eguaglianza e democrazia, saranno una costante della storia successiva. Tanto che, nell’accezione più comune, si intende oggi per Occidente il mondo e la cultura liberal-democratici espressi dall’Europa contemporanea e dagli Stati Uniti. Una cultura, cioè, basata sui valori dell’eguaglianza e della democrazia, che ancora oggi costituiscono il cuore delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell’Unione Europea e segnano il confine fra le società occidentali - o che comunque hanno mutuato il modello occidentale - e gli altri popoli della terra.

Eppure, come sempre, il pensiero greco riesce ad offrire, nella sua complessità, tutto ed il suo contrario.

Così esso è stato capace di superare le differenze stereotipe o preconcette, compreso quella di cui qui si discute, fra Oriente ed Occidente.

Strabone, alla fine del primo libro della sua Geografia conviene con Eratostene sul fatto che «molti dei greci sono incivili, mentre molti dei barbari sono civili, come gli Indiani e gli Ariani, o come i Romani e i Cartaginesi, che hanno ordinamenti così splendidi» (I.4.9)[15].

Quindi, la contrapposizione radicale, come ricorda Protagora, nell’omonimo dialogo platonico, è quella tra un individuo e una società organizzati e civili, capaci di sviluppare e garantire forme di convivenza più o meno avanzate, e individui che si trovano nello stato ferino, con esistenze più simili a quelle delle bestie che dei politai, i cittadini[16].

Insomma, i Greci antichi ci hanno insegnato, forse ancor più che l’eguaglianza e la democrazia, che solo il dialogo fra diversi fonda la civiltà e la pace.

Anche per questo, da convinto filelleno, ogni giorno, dico grazie alla Grecia!

 

 

 



[1] Il presente breve saggio costituisce la trascrizione, con annotazione essenziale, dell’intervento tenuto nel corso dell’incontro “GRECIA E ITALIA - La Forza Delle Parole: storia, filosofia, cultura e diritto”, svoltosi presso l’Ambasciata della Repubblica di Grecia in Roma il 27 aprile 2023, organizzato dall’Ambasciata stessa e dall’Associazione Diplomatia.

[2] Diffusamente sul tema si rinvia a E. Ferri, La grecità, le origini dell’occidente e la cittadinanza democratica, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2/2016, 285 ss.

[3] S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente. Ricerche di storia greca arcaica, Milano, Rizzoli, 1989, 47.

[4] F. Nietzsche, Der Wille zur Macht, Eine Auslegung alles Geschehens, Neu ausgewählt und geordnet von Max Brahn, Leipzig, Alfred Kröner Verlag, 1917, 267.

[5] Gli antichi Greci, Einaudi, 2016.

[6] E. Ferri, La grecità, cit., 290.

[7] Pericle e la Grecia classica, Milano, RCS Media Group, 2015, 16.

[8]  Nikos Kazantzakis, Candia, 18 febbraio 1883 – Friburgo in Brisgovia, 26 ottobre 1957.

[9] Pol., III, c. XIV, 1285a.

[10] Lo strumento animato. Uguaglianza e diversità nel mondo antico, 1° giugno 2022, Teatro Carignano, Torino, in www.festivalinternazionaledelleconomia.com: «Ingiusti e violenti», scrive Omero, «i Ciclopi non hanno assemblee, non leggi, ma degli alti monti vivono sopra le cime, in grotte profonde; fa legge ciascuno ai figli e alle donne, e l'uno dell'altro non cura». Odissea, IX, 112-115.

[11] Fr. 130, trad. di G. Guidorizzi.

[12] Che i greci “si sentivano (...) cittadini, poiché solo grazie a questa specificità potevano essere uguali” è sostenuto da C. Meier - P. Veyne, L'identità del cittadino e la democrazia in Grecia, Il Mulino, Bologna, 1999, 42.

[13] S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente, cit., 296.

[14] E. Ferri, La grecità, cit., 287.

[15] Riportato da E. Ferri, La grecità, cit., 297.

[16] Platone, Protagora, 327d, citato da E. Ferri, ibidem.

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